La voce che viene
da est,
entra dall’orecchio
destro
e insegna un canto
Su questi versi di Marguerite Yourcenar (da I trentatré nomi di Dio) si regge il senso di molti dei miei viaggi. Tendere l’orecchio, cogliere un canto, in sé farlo attecchire. Vi si sarebbe radicato anche il viaggio in Maramureș a lungo preparato e infine saltato a fine luglio a causa dell’incendio all’aeroporto di Catania. La delusione è stata grande ma ho potuto indugiarvi solo pochi giorni, poi la Sicilia è precipitata in un nuovo abisso di incendi, forniture elettriche e idriche saltate per giorni e un caldo che definire infernale non è un’iperbole. Ho trovato rifugio tra le pieghe di precedenti viaggi rumeni a cui tornare con la mente quando mi struggo per la voglia di volare a est. Anche i viaggi per davvero possono diventare viaggi in poltrona, dopo un po’.
Un luogo reale: Copșa Mare
Una mattina d’Aprile. Sono in giro per la Transilvania da giorni e ho già visitato i villaggi sassoni fortificati più famosi ma mi struggo per immergermi nella campagna più profonda, dove i mezzi pubblici non arrivano. Ho escluso la possibilità di noleggiare un’auto, detesto guidare e ancora di più farlo in un paese che non conosco. Aggiungi la mia proverbiale capacità di perdermi pure a Catania e ottieni il grado della mia frustrazione.
Sto facendo colazione al grande tavolo di legno nella cucina di Sighișoara di Marius e Adina. Lui taglia il pane, lei si affaccenda al fornello, nessuno dei due ammette il mio aiuto, non mi fanno neppure versare l’acqua da sola. Sono sazia da un pezzo ma continuano a offrirmi altro cibo mentre chiedo se esiste un modo per andare dove voglio arrivare. Si fermano, mi guardano: impossibile - dicono insieme. Ma mentre finisce di dirlo Marius è già al telefono. Chiama gli amici che possono essere liberi quella mattina. Daniel conferma, ha il turno del pomeriggio, mi ci porta lui. Incredula per tanto aiuto mi offro di pagare, almeno il carburante. Non c’è verso. Sono un’ospite, vorrò mica offenderli?
Daniel si presenta alla porta mezz’ora dopo con un’Alfetta rossa che ha visto giorni migliori. Parliamo in un misto di rumeno, italiano, inglese e tedesco capendoci poco ma quanto basta. Io in rumeno so dire poco più che grazie. Lo ripeto molte volte quella mattina. Ci fermiamo in così tanti posti che via via me li appunto per non dimenticarne nessuno. L’ultimo mi resta più impresso: Copșa Mare.
Copșa Mare sono 2 strade e una quindicina di case ordinatamente disposte ai lati, altre sono sparse intorno per la campagna. Tre ragazzini e un cane trottano lungo la via centrale su un carro di legno che monta ruote da motorino. Lo tira un cavallo nero. Il cane abbaia, i ragazzi agitano le mani. L’ingresso della biserică fortificată è un po’ scostato dalla strada e per arrivarci attraversiamo un prato. La porta è sprangata ma Daniel bussa e qualcuno apre. Sembrava disabitata invece qui vive una famiglia romanì che mi accoglie con un uovo sodo. Lo sguscio e lo mangio mentre una delle donne impegnate intorno a un fuoco va a prendere una grossa chiave e mi apre la porta della chiesa.
Dentro è spoglia e l’umidità si è già mangiata l’intonaco ma sulle panche di legno consunto ci sono cuscini ricamati a tinte accese: turchese, fucsia, arancio, giallo. La chiesa non si usa più, ora qui si danno le feste del villaggio. Dove c’era l’altare c’è un vecchio comodino con una radio a cassette degli anni ‘80.
Poco prima di uscire, la donna che mi ha accompagnato dentro mi indica la cassetta delle offerte. Infilo la mano in tasca, estraggo una banconota e la infilo nella fessura. Lei attende che finisca e poi davanti a me estrae una piccola chiave, apre la cassetta, prende i soldi e se li mette nel reggiseno. Mi fa l’occhiolino e se ne va. Dico il mio grazie in rumeno, si volta, sorride.
Un luogo immaginario: le fiabe della Romania
La raccolta Fiabe romene di magia la conservavo da tempo per il viaggio saltato. Già mi vedevo a leggere storie ambientate tra i boschi profondi mentre li attraversavo in treno. Ci sono stata ugualmente (beh, quasi) immergendomi nei racconti stupefacenti che parlano di persone capaci di trasformarsi in lepri con una capriola, orchi che lanciano una clava che si appende da sola al suo chiodo, anni che durano tre giorni, cose così belle che “viene voglia di bersele”, fanciulle a cui cantano i fiori nelle trecce, cavalli che nelle orecchie celano magie, regni che puoi impacchettare dentro una mela d’oro e portarteli appresso, aquile che acconsentono a trasportarti in capo al(l’altro) mondo se sei disposto a offrire un pezzo di te - una fetta di natica, per la precisione! Le storie sono fantastiche ma i luoghi sono quelli che vedi per davvero viaggiando per la campagna rumena: boschi interminabili, verdi laghi, pascoli punteggiati da capanne col tetto di paglia e castelli sulle rupi.
Un itinerario tra i libri: la Romania raccontata
Qualche giorno fa chiacchieravo di libri rumeni con Gaia Putzolu, illustratrice e viaggiatrice che in Romania ha abitato a lungo e si accinge a tornarvi. Ho condiviso con lei alcuni titoli che ho amato e ho pensato di riportarli anche qui. Magari anche tu stai organizzando un viaggio da quelle parti o potrebbe venirti voglia di farci un giro in poltrona.
Il libro che prima e più di tutti mi ha acceso il desiderio del Maramureș è stato Lungo la via incantata di William Blacker che continuo a consigliare a chiunque mi accenni a un viaggio in Romania. Parla anche della Transilvania e fu in un certo senso la mia guida letteraria durante il mio primo viaggio nel 2016. Al ritorno mi immersi in Le età dei giochi. Un'infanzia in Transilvania di Claudiu M. Florian e in Transylvania and Beyond di Dervla Murphy. Ne volevo ancora, e ancora. La Romania mi stregò al punto che al ritorno iniziai a imparare un po’ di rumeno.
Nel 2019 esplorai Bucovina e Moldova e scelsi come guida ideale i Racconti della Galizia e della Bucovina. Le vie di Bucarest invece le avevo percorse leggendo Nostalgia di Mircea Cărtărescu e Felicità obbligatoria di Norman Manea (di cui ho letto e consiglio anche Il ritorno dell’huligano). Sul e intorno al regime di Ceaușescu ti segnalo il romanzo Dita mignole di Filip Florian. Se ti interessa conoscere la storia del paese in generale è ottimo Storia della Romania di Florian Costantiniu mentre il saggio Musica per lupi di Dario Fertilio parla di un episodio specifico e terrificante della storia recente, il carcere di Piteşti che ho anche visitato di persona.
Se cerchi un tono più leggero leggi il divertentissimo La mia esagerata famiglia rom di Valeriu Nicolae e il picaresco Kyra Kyralina di Panait Istrati. Hai altri titoli da consigliare? Scrivimi.
Gita in Grecia: la chiesa sequestrata
I greci di Romania la chiamano “la chiesa sequestrata” perché dopo molti decenni di abbandono la speranza che venga restituita alla comunità greco-ortodossa sfuma nella demolizione. Nel 1948 lo stato comunista abolì la chiesa greco-cattolica e sottrasse l’edificio alla comunità. Come molti altri in Romania, non fu mai restituito alla caduta del regime. La chiesa si trova a Ungheni, nel Mureș, e fa parte dell’Arcieparchia di Făgăraș e Alba Iulia. Risale alla metà dell’800 ed è dedicata alla Santa Trinità. O sarebbe meglio dire che lo era, perché il suo destino è segnato. Da qualche tempo si è cominciato a costruirvi intorno un altro edificio demolendo di nascosto, e abusivamente, la chiesa preesistente.
Ultime dal sito (e non solo)
Le storie da Atene di Filakia tornano a settembre. Sul sito invece ci sono tante novità: sulla mappa ho aggiunto Paura dei barbari ambientato a Creta e In Sicilia con Leonardo Sciascia; sul Diario ho parlato delle mie letture di Luglio, di Tre estati di Margarita Liberaki per la rubrica sui libri greci e di una riflessione sul viaggio della scrittrice Judith Schalnsky. Sulla rivista Kaiserpanorama è uscito anche un mio reportage dalla Grecia.