Una delle cose che più mi piace fare d’estate è prendere il primo treno del mattino e andare alla ventura per scoprire angoli non ancora esplorati di casa mia, la Sicilia. Qualche giorno fa sono andata a cercare l’isola delle Sirene.
Un luogo reale: l’isola delle Sirene
No, stavolta Odisseo non c’entra (ma forse c’entra sempre). A chiamare questo posto isola delle Sirene, o scoglio delle Sirene, pare siano i pescatori locali. Non è neanche una vera isola, è collegata alla terraferma da un istmo roccioso che però rimane sempre sotto il pelo dell’acqua, a differenza di quello di sabbia che unisce la vicina Isola Bella alla sua baia, che va e viene secondo le maree. L’isolotto delle Sirene si attacca alla terraferma anche tramite una sorta di ponticello che forse risale addirittura all’epoca romana. Inaccessibile perché si trova in alto sulla roccia, dove sorge una villa privata.
Prima di scoprire tutto questo però devo sudare. E non solo perché è una mattina rovente d’agosto. Su dove si trovi ho solo le indicazioni menzognere di Google Maps che mi fa sbagliare strada portandomi a un’altra baia tramite via Castelluccio che presto diventa tutta scale e si precipita in mare. Quando arrivo in fondo la trovo ingombra di barche e barchette e invasa da costruzioni arrampicate una sull’altra. Mi manca il respiro, non in senso buono. Non mi tolgo neanche le scarpe per bagnarmi i piedi, non è questo che cercavo.
Spengo Google Maps e mi affido al vecchio metodo, fermare una persona per strada. Non è di qui, sta solo prelevando qualcuno in hotel, mi suggerisce di domandare alla reception. Incurante del mio look da esplorazione, entro nella hall dell’hotel 5 stelle. Deserta. Esco sul terrazzo e intercetto un giardiniere. Sì, da qui ci si arriva ma no, se non sei cliente dell’albergo non puoi passare. Però dovrebbe esserci una scaletta pubblica, oltre, lungo la strada, prova. Provo. C’è. L’accesso è così piccolo e nascosto in curva che quasi lo manco.
Le scale sono strette e ripide e piene di ragnatele, qui non passa nessuno da un pezzo. In fondo alla vietta capisco perché. Questo è il retro dell’albergo. L’accesso sarà pure pubblico ma vi si affacciano i locali tecnici del condizionamento e i depositi. Continuo imperterrita e sbuco sul mare. Mi accorgo che per arrivare all’isola dovrò comunque attraversare l’affaccio sull’acqua dell’hotel. Non c’è neanche la spiaggia ma una banchina, tipo un piccolo molo, su cui si protende un prato curatissimo con lettini dalle tende bianche che volano alla brezza. Non c’è nessuno, almeno non ancora, forse perché sono le 8. Dunque passo.
Sono arrivata, l’isola è di fronte a me. Sulla minuscola spiaggia che si fa largo a fatica in fondo, tra la banchina e la roccia dell’isolotto, riposano barchette e kayak e si aprono le porte di servizio delle cucine. Un cuoco fuma una sigaretta prima del turno colazioni, gli chiedo se la spiaggia è pubblica. Sì e no. Poi spiega: sì, è pubblica, ma siccome si arriva solo passando per l’hotel, la gestione lo scoraggia. Ci vengono giusto i divers che esplorano i fondali sul retro dell’isola, con grotte sommerse piene di ricci, spugne bianche, coralli e pesci. E le escursioni in barca che partono dall’Isola Bella per visitare le grotte emerse lungo la costa rocciosa e fermarsi qui per un bagno. Se voglio posso restare, però, nessuno mi dirà nulla. Un tuffo lo faccio. Sirene non ne incontro, ma c’è un magnifico silenzio fatto di sciabordio d’acqua luccicante, il sibilo del vento che passa tre le rocce, il sole nel cielo.
Un luogo immaginario: il villaggio che non c’è più
Aver sbagliato strada per raggiungere l’isola delle Sirene mi regala una scoperta. Lungo la vietta che non portava dove volevo arrivare mi ritrovo davanti un cancello azzurro sbiadito, pieno di scritte. Le Rocce, dice. Perché è davvero costruito su e tra le rocce naturali di questo promontorio, in perfetta armonia con l’ambiente circostante, a differenza di molti orrendi alberghi moderni che questa costa l’hanno deturpata irreparabilmente.
Di fianco c’è il nome di Antonio Presti, lo stesso della Porta della Bellezza di Librino, di Fiumara d’Arte e dell’albergo d’artista Atelier sul Mare di cui si parla proprio in questi giorni perché rischia di chiudere. Nel 2017 Presti ottenne questo luogo in comodato d’uso gratuito per 99 anni. In cambio avrebbe riaperto, recuperato e valorizzato il villaggio che negli anni ‘60 fu il fulcro della dolce vita estiva taorminese, specie negli anni d’oro del Festival del Cinema.
Era stato costruito dalla Regione Sicilia nel 1953 per la villeggiatura dei dipendenti regionali ma presto aprì al pubblico e divenne una delle mete più amate della baia, con i suoi 23 appartamenti in piccole casette di pietra incastonate tra le rocce su 15 mila metri quadrati di terreno a strapiombo sul mare. Le star di Hollywood ne andavano pazze. Chiuse nel ‘72.
Per questioni legali, a inizio 2018 il comodato fu revocato e questo posto, che avrebbe dovuto ospitare un museo della bioarchitettura, fu di nuovo chiuso. Forse per sempre, anche se ultimamente si parla di destinarvi fondi del PNRR.
Al momento cade a pezzi, se ne scorge qualche edificio diroccato scendendo lungo la via che lo costeggia. Posso solo indovinare come sia dentro, com’era nel passato, come avrebbe potuto essere nel presente se la solita avvilente burocrazia che uccide ogni slancio creativo non avesse vanificato anche l’ultimo tentativo sensato di riappropriarsi di questo spazio. Resta solo l’immaginazione. Che - perdona l’amarezza - al potere non ci va mai.
Un itinerario tra i libri: un mare di sirene
Da dove partire per parlare di libri e sirene se non dall’Odissea, canto XII? Se cerchi un’edizione meno consueta c’è la versione a fumetti di Lob e Pichard del 1974, super psichedelica. Le sirene compaiono anche nell’Ulysses di Joyce, anche se in forma inaspettata (è l’episodio11). Inattese sono pure le sirene di Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, una variante moderna e sbalorditiva del viaggio di Ulisse.
Un racconto sulle sirene è presente tra le storie dello Stretto narrate da Nadia Terranova nella raccolta Omero è stato qui con le illustrazioni di Vanna Vinci. De La sirena di Giuseppe Tomasi di Lampedusa cerca la versione audio letta da Giuseppe Tornatore e Jasmine Trinca. Maria Corti racconta l’arcana duplicità delle creature acquatiche nel suo Il canto delle sirene, un po’ saggio e un po’ romanzo.
Se cerchi atmosfere da giallo e respiro surreale, leggi La verità sul caso Motta di Mario Soldati che in origine fu pubblicato come un’inchiesta a puntate su un giornale con tanto di materiale fotografico (finto). Spiazzante e surreale ma di tutt’altro segno è il più noto Sirene di Laura Pugno nel quale le sirene vengono allevate in una vasca come “carne di mare”. Una sirena finisce a tavola anche nel romanzo La pelle di Curzio Malaparte.
Al silenzio sono ridotte le sirene di E.M. Foster in Il racconto della sirena del 1920 ambientato sul litorale ragusano. A zittirle è la superstizione dei marinai. Quanto più inquietante è una sirena muta di una sirena che canta? Silenziose sono anche le sirene di Kafka nel brevissimo racconto Il silenzio delle Sirene. Il loro tacere è arma più spaventosa del canto perché nega la conoscenza e abolisce il potere che Ulisse è convinto di avere su di loro. Piange la sirena di Tanizaki in Pianto di sirena, racconti sul tema della bellezza il cui godimento non può prescindere dalla perversione.
E poi, certo, c’è La sirenetta di Andersen, nella bella edizione di Minalima. Sull’autore Michele Dalai ha realizzato un podcast dal titolo Butterflies & Ballerinas. Io però sono cresciuta con la storia di Ondine, di cui ti segnalo l’edizione illustrata da Benjamin Lacombe. Ne scrisse la storia anche Ingerborg Bachmann, trovi il racconto nella raccolta Il trentesimo anno. La sua versione è diversa dalla fiaba classica. Qui Ondina si ribella al suo destino di ammaliatrice e quando si rende conto che neanche la vita da donna le offre l’esperienza dell’amore reale, ché gli uomini sono tutti bruti, se ne torna in mare. Si intitola Ondina se ne va.
Tabucchi sceglie un altro modo per raccontare una sirena ambientando la storia nel mondo dell’infanzia. La sua Irma Sirena è una sirena bambina esibita a una fiera. Buzzati invece accenna alle melusine nel suo Poema a fumetti rifacendosi a una tradizione non greca ma medievale. Melusina è raccontata anche da Laura Pugno con le illustrazioni di Elisa Seitzinger. Borges si cimenta con le sirene nel suo Manuale di zoologia fantastica. Cita tra l’altro una sirena catturata nel Galles nel VI secolo e raffigurata come santa Murgen (nata dal mare) in alcuni almanacchi antichi.
Preferisci la saggistica? Atlante delle sirene di Agnese Grieco è completo e ricco di immagini. Esplora le incarnazioni delle sirene nei secoli dal mito all’arte, alla poesia alle fiere freak, dal teatro alla letteratura. Elisabetta Moro in Sirene affronta il tema della seduzione delle sirene. Maurizio Bettini e Luigi Spina analizzano Il mito delle sirene dalla Grecia a oggi. Le incarnazioni più antiche delle sirene si trovano in Il rovinoso incanto di Loredana Mancini. Delle Sirene siciliane parla Basilio Reale. Della sirena napoletana Partenope, a cui si fa risalire la fondazione della città, racconta Francesco Palmieri in L’incantevole sirena. Ci sono le sirene anche tra i Demoni meridiani di Roger Caillois e nella Guida agli animali fantastici di Ermanno Cavazzoni.
Gita in Grecia: la Madonna con la coda
A Lesbo c'è una minuscola chiesetta bianca col tetto rosso arrampicata su una roccia davanti al porticciolo di Skala Sykamineas, sulla costa nord dell'isola. Dentro c’era un affresco che rappresentava la Vergine Maria con coda da sirena. L'affresco non esiste più ma è stato tramandato nel ricordo. Secondo la leggenda, era opera di un ignoto pittore che mescolava tradizioni popolari e ispirazioni religiose. A questo affresco si è ispirato nel 1949 lo scrittore Stratis Myrivilis, originario proprio di Sykamia, per il suo romanzo I Panagia i gorgona (La Madonna sirena), terzo di una Trilogia della guerra che racconta le guerre affrontate dal popolo greco e le loro conseguenze. In questo libro, che in italiano era uscito per Mondadori nel 1960 col titolo La Madonna del mare, racconta un gruppo di rifugiati dell'Asia Minore che trovano approdo a Sykamia e vi mettono radici.
Ultime dal sito (e non solo)
Le novità sul sito: sulla mappa ho aggiunto La figlia del ferro di Paola Cereda ambientato all’isola d’Elba e una insolita guida teatralizzata al Cimitero acattolico di Roma. Nella sezione Diario trovi gli ultimi Viaggi sonori con 5 nuovi podcast e le mie ultime letture.
Sempre incantevoli le tue narrazioni
Che bella questa puntata sirenica! Ho ritrovato letture fatte e ne ho scoperte un sacco di altre da fare (Melusina ce l'ho segnato da un sacco di tempo, mi ci butterò prossimamente). E parlando della storia di Ondine, mi hai fatto riemergere il ricordo di un omonimo film di Neil Jordan del 2009.