#16. Un Grand Tour per cimiteri
Un insolito cimitero napoletano, un libro nuovo da scoprire, il cimitero di Atene
Se mi conosci da tempo sai anche della mia passione per i cimiteri, non me ne perdo uno quando viaggio. Non li ho mai considerati luoghi di dolore ma di memoria. E quasi sempre sono giardini di quiete, bellezza, arte. Oggi ne scopriamo uno tra i più insoliti che abbia visitato. Ci sono stata insieme e grazie alla mia amica Claudia che mi ha invitato a partecipare ad alcuni viaggi di ricerca per il suo nuovo libro di cui ti parlerò più sotto.
Un luogo reale: il cimitero delle 366 fosse
È Marzo ma fa un gran caldo la mattina in cui Claudia, Michele e io ci avviamo al cimitero delle 366 fosse, che in realtà si chiama cimitero di Santa Maria del Popolo. Non ci sono viali, pendii, giardini. Solo un quadrato recintato e 366 botole numerate. Il cimitero non è normalmente aperto al pubblico ma Claudia ha ottenuto un appuntamento col direttore per le sue ricerche e così ho la fortuna di visitarlo anch’io.
Varcato il cancello si leva un vento gelido che mi costringe a rimettere la giacca. C’è ancora il sole ma non sudo più. Non solo perché adesso sono qui ferma dopo aver camminato per mezza Napoli ma anche per via dell’atmosfera di questo posto. Mi sembra così cupo. Credo sia perché mancano i nomi delle persone, i monumenti eretti a ricordo. E i fiori, mancano i fiori, eccetto qualche papavero sparuto. Un prato poco convinto cresce tra le botole di pietra che a intervalli regolari punteggiano l’intero spazio. Mi sembra una piazza alla rovescia, qui le persone sono… sotto.
Fu dopo l’editto di Saint Cloud che questo tipo di cimitero iniziò a essere costruito. Quello di Napoli fu progettato nel 1762 da Ferdinando Fuga e come dice il nome era composto da una fossa per ogni giorno dell’anno più quella per gli anni bisestili. Ogni giorno si apriva la fossa con il numero corrispondente e tutti i morti in quella data finivano lì. A fine giornata si chiudeva per riaprirsi un anno dopo, spostare le ossa ormai asciutte in un ossario comune e riempirla con i nuovi defunti. Rispetto alle fosse comuni più diffuse risultava più igienico e razionale. A Palermo si fece qualcosa di simile una ventina d’anni dopo e l’impianto della griglia è ancora parzialmente visibile al cimitero di Sant’Orsola.
Durante la visita mi colpisce una strana macchina arrugginita su un lato del piazzale. Il direttore ci spiega che si tratta di una sorta di argano donato da una nobildonna perché le sepolture fossero più dignitose. Anziché gettare i corpi nella fossa, venivano calati dentro una bara di metallo con un meccanismo che si azionava al tocco col terreno, facendo aprire la scatola solo una volta che avesse raggiunto il fondo.
Un luogo immaginario: le capuzzelle in bilico tra i mondi
La prima volta che sono stata al cimitero delle Fontanelle di Napoli ero con i miei amici Francesca e Fausto e di capuzzelle non sapevo nulla. Fausto, che è campano, mi introdusse al mistero. Ne fui affascinata al punto che iniziai a cercare storie e leggende legate alle anime pezzentelle di quel luogo. Qualche anno dopo rieccomi in città a scendere nelle cripte di San Pietro in Aram, Purgatorio ad Arco, Santa Luciella ai Librai e nelle catacombe San Gaudioso, sotto la Basilica di Santa Maria della Sanità. Che viaggio, dentro al viaggio!
Come funzionano i riti delle capuzzelle? In apparenza sei tu che scegli la tua capuzzella e stabilisci un contatto ma tutti dicono che è la capuzzella a sceglierti. L’anima a cui appartiene, sollecitata dal tuo interesse per la sua sorte, ti appare in sogno e si fa riconoscere raccontandoti la sua storia. Nell’ipogeo di San Pietro in Aram hanno ritratto i personaggi ricorrenti nei sogni delle persone: la bambina, il soldato, la contessa, il dottore…
Sono anime pezzentelle (dal latino petĕre, chiedere) perché dimenticate. Nell’epoca delle grandi pestilenze o durante le guerre, ma anche in condizioni di estrema povertà, i morti non ricevevano cure funebri e finivano, anonimi, nelle fosse comuni. Adottarli e pregare per loro significava salvarli dall’oblio e aiutarli a uscire dal purgatorio per ascendere al paradiso. In cambio di… un aiutino su questa terra.
La prima cosa da fare per adottare una capuzzella è porvi sopra un fazzoletto o una moneta. Con la capuzzella si stabilisce un rapporto personale ed esclusivo. Solo alcune capuzzelle molto famose concedono grazie a più persone, come Pascale che dà i numeri del Lotto, donna Concetta che suda, la sposa di Purgatorio ad Arco o la capuzzella con le orecchie di Santa Luciella.
A Purgatorio ad Arco le scarabattole (teche che accolgono i teschi) sono piastrellate a ricordare l’ambiente più intimo della casa, la cucina, dove ricevi gli amici per il caffè. Il culto pare risalga al 1600 con picchi devozionali durante le guerre mondiali. Ma culti simili erano presenti anche nell’antichità. Un esempio sono i Lari romani.
Della tua anima pezzentella ti curi pregando per lei e tenendo pulito il suo teschio, dove si credeva che risiedesse l’anima. La trai fuori dall’anonimato e dal mucchio, la riponi in una scarabattola di legno o marmo e le asciughi il sudore prodotto dalle fatiche per raggiungere il paradiso. Ciò che più desiderano le anime purganti è il refrisco, cioè di essere rinfrescate. Infatti sono rappresentate sempre tra le fiamme.
Il refrisco si garantisce con preghiere e piccoli doni come un cuscino, un rosario, fiori, gioielli: segni che qualcuno si cura di te. Ottenuta la grazia, scritta su un bigliettino o formulata a voce, si ringrazia con un ex-voto o altri doni. Lo scambio è reciproco, se la capuzzella non ti esaudisce puoi mollarla rimettendola nel mucchio oppure punirla girandola verso il muro. La grazia avviene solo una volta che l’anima sia liberata.
Per qualcuno l’anima intercede per te presso i santi, non ha potere in sé. Altri pensano che sia la capuzzella a occuparsi di tutto perciò la chiesa ha dichiarato pagano il culto delle anime pezzentelle con un atto del 1969. Rivolgendosi direttamente alle capuzzelle passava anche il messaggio dell’inutilità della mediazione ecclesiastica e dunque degli oboli versati per le messe in suffragio.
A San Pietro in Aram arriviamo di giovedì pomeriggio, quando si svolgono ancora i riti delle anime pezzentelle. Trascorriamo un paio d’ore a osservare quello che succede. Chi scende nella cripta accende lumini sulle teche e si raccoglie in preghiera. Per ragioni igieniche ormai le capuzzelle sono murate, interrate o chiuse in teche di zinco ma i devoti lo hanno accettato pur di continuare a esercitare il rito. Dopo la preghiera le persone si riuniscono a chiacchierare dei fatti quotidiani, a riprova che le anime pezzentelle sono di famiglia, davanti a loro si può dire tutto.
Un itinerario tra i libri: Cemetery Safari Italia
Claudia Vannucci l’ho scoperta col suo primo libro, Cemetery Safari, che racconta i cimiteri esplorati durante i suoi viaggi in giro per il mondo. Ricordo un momento in cui leggevo e ridevo perché raccontava una disavventura a Taiwan. Ero in treno e la gente mi guardava tra lo scandalizzato (per il rumore che producevo quasi soffocando dal ridere) e l’incuriosito (ma cosa ci sarà di così divertente?). Da lì ho iniziato a seguirla su Instagram, mi sono iscritta alla sua newsletter e ho pure scritto a lei, a un certo punto. Siamo diventate amiche.
Eravamo in pieno lockdown 2020 quando mi ha parlato del nuovo libro sui cimiteri italiani che stava scrivendo, suscitando il mio entusiasmo: strutturato come un Grand Tour dell’800, ma le tappe sarebbero state le città dei morti! Appena fummo libere di muoverci venne in Sicilia per visitare i cimiteri della mia isola e io la accompagnai a Catania. Poi mi invitò a esplorare il fenomeno delle capuzzelle a Napoli e la raggiunsi lì per qualche giorno di panzate napoletane e escursioni cimiteriali.
Questo libro l’ho visto nascere e crescere e oggi lo tengo a battesimo. È appena uscito, si intitola Cemetery Safari Italia: Grand Tour dei cimiteri monumentali italiani. È pieno di storie, personaggi che sembrano da romanzo ma sono esistiti per davvero, aneddoti e curiosità che lasciano a bocca aperta. Dietro c’è un poderoso lavoro di ricerca sul campo, negli archivi, in biblioteca. Si impara moltissimo e ci si diverte altrettanto, che in pratica è il succo di ogni viaggio (vero o di carta).
Gita in Grecia: il Primo Cimitero di Atene
Sì, anche quando vado in Grecia non mi perdo un cimitero e tutte le volte che sono ad Atene vado a fare una passeggiata al Primo Cimitero. Porto sempre un fiore ad Alekos Panagoulis, l’eroe della resistenza al regime dei colonnelli, e ogni volta faccio un gioco che mi porta a scoprire qualcosa che non avevo visto prima. Dopo aver superato il vialone di accesso mi do una regola: da qui volto sempre a destra, oppure a sinistra, o una volta a destra e una a sinistra e così via. Vado dove mi porta il caso.
L’ultima volta che ci sono stata sono finita sulla tomba di Nikos Zachariadis, segretario del partito comunista greco e prigioniero a Dachau da cui fu liberato nel 1945. Oltre alla forma particolare della lapide, una bandiera che sventola tra onde di marmo, mi ha colpito trovarvi impigliata una copia di Rizospastis (Il Radicale), giornale di partito costretto a chiudere sotto il regime di Metaxas e di nuovo sotto i colonnelli. Si pubblica ancora.
Nei periodi in cui era vietato usciva clandestinamente su un solo foglio che si poteva attaccare ai muri come un manifesto. Anche quando circolava legalmente chi lo acquistava non lo faceva mai in edicola, per paura di ritorsioni. Veniva distribuito persona per persona. Per un periodo ne fu redattore capo la scrittrice Dido Sotiriou del cui romanzo più famoso ho scritto qui.
Del cimitero ho raccontato in quattro puntate del podcast Filakia: quella dedicata ai Romeo e Giulietta greci, sepolti qui; quella che racconta i fantasmi di Atene; quella sulla pasticceria mortuaria; quella sull’artista che ha scolpito la tomba della Fanciulla dormiente.
Ultime dal sito
I nuovi libri sulla mappa di IoViaggioinPoltrona.it sono
Caravaggio e la ragazza di Nadia Terranova e Lelio Bonaccorso, un fumetto che racconta gli anni dell’artista a Messina, quando Messina era una città piena di fermenti;
La pianura dei portici, un volume illustrato sui portici di città e paesi della pianura padana. Ovviamente ci sono Bologna, Reggio Emilia, Ferrara ma anche Correggio, Cento e tanti altri luoghi di cui scoprire le storie attraversandone i portici.
Nella sezione Diario c’è un nuovo libro greco
Omero in ascensore di Theodoros Papakostas, alias Archeostoryteller, che da anni racconta l’archeologia in chiave divertente su Instagram e in un podcast.
Stupendo. Faccio parte di quelle persone che, quando viaggiano, mettono cimiteri nella lista di cose da vedere, anni e anni fa ho anche scritto dei reportage. Che bello leggere questa newsletter! Le Fontanelle sono uno dei luoghi a me più cari al mondo!
A parte che voglio il libro di Claudia Vannucci ora, in questo momento, ma mi ha fatto pensare ad un libro che mi era piaciuto tantissimo e parla di un argomento similmente “macabro”. L’autrice è Caitlin Doughty, che gestisce un’impresa funebre a Los Angels, e aveva una serie su YT chiamata “Ask a Mortician” sulle questioni che riguardano la sepoltura, la cremazione e i vari aspetti brutalmente reali della morte. Ha scritto credo tre libri io ho letto “Smoke Gets In Your Eyes” ed è intelligente, divertente, secondo me ti piacerebbe.