#22. Le cicogne di Alcalà de Henares
e ancora le mandorle caramellate delle clarisse, le cicogne di Marrakech e quelle della Tessaglia
La prima volta che sentii parlare di Alcalà de Henares fu a lezione di spagnolo all’università. La lettrice consigliava il dizionario da acquistare. Era l’epoca in cui si usavano ancora i dizionari di carta. Il migliore, disse, era il monolingue dell’università di Alcalà. Ce l’ho ancora.
Un luogo reale: le clarisse e le mandorle
All’epoca del lettorato di spagnolo, di Alcalà sapevo solo questo: c’era un’università antica e importante che si faceva addirittura custode della lingua castigliana. Anni dopo mi sarei trovata davanti a quell’edificio durante un viaggio che doveva essere diverso ma finì per diventare un tour delle città storiche intorno a Madrid. E come ogni viaggio diverso da quello che avevo pianificato fu pieno di sorprese.
Alcune città decidemmo di visitarle scegliendole sulla mappa la mattina stessa, senza troppa organizzazione, senza saperne granché né cercare più che le informazioni spicciole per arrivarci in treno. Fu così che giungemmo ad Alcalà.
Vagando per le vie ci imbattemmo nel Convento de las Clarisas de San Diego. Risale al 1670, quando fu fondato come beghinaggio, e non ha granché di speciale se non le storie segrete delle monache che vivono dietro le sbarre di ferro alle finestre. La semplicità architettonica dell’edificio, che trovammo un po’ scrostato, contrastava con la vicinissima e ben più ornata università. In un certo senso era riposante.
Solo sul posto scoprimmo che le suore di clausura di questo convento sono chiamate almendreras perché da secoli - già dal 1700 - preparano le mandorle caramellate. Tuttora le vendono attraverso una ruota dentro una stanzetta rivestita di maioliche, dietro una porticina di legno. Chiesi un pacchetto di mandorle bussando timidamente alla finestrella. Mi sembrava di spezzare un silenzio fragile e prezioso. A romperlo fu il cigolio della ruota.
La suora non la vidi mai, sentii solo una voce dire Ave Maria Purísima. Sin pecado concebida, si risponde, un momento prima di dire quante mandorle vuoi e deporre il denaro dentro la ruota, che gira e si richiude. Pochi minuti dopo la sentimmo ruotare ancora, si riaprì e il nostro pacchetto era lì, avvolto in carta bianca con una scritta blu, come quelle delle pasticcerie di una volta.
Era una mattina di Marzo soleggiata ma frizzante e la piazzetta davanti al convento era deserta. Sgranocchiammo le mandorle guardando il cielo, ci pareva che sapessero anche un poco d’azzurro.
Un luogo immaginario: il cielo di Alcalà
Ai cieli azzurri sono abituata, vivo sulla costa orientale della Sicilia, ma certi cieli visti altrove non li dimentico e quello sopra Alcalà è tra questi. Non era solo azzurrissimo, intatto e luminoso. Era solcato dalle cicogne.
I tetti delle case di Alcalà erano pieni di nidi e i nidi erano pieni di cicogne bianche con le ali screziate di nero. Altre volavano nel cielo muovendosi con una grazia placida che mi incantò.
Ai cieli azzurri sono abituata ma a vederci le cicogne volare no. Dalle mie parti si vedono gli storni, le rondini, a volte un passaggio veloce e miracoloso di fenicotteri che migrano ma se ne restano sul mare, non si avventurano a sorvolare la terraferma. In una zona umida non lontano da casa, qualche volta, ho avvistato un paio di aironi riposare durante il viaggio. Cicogne mai.
Passai la giornata intera a guardare in su, degnando solo di occhiate veloci la città. Erano tetti, comignoli, antenne e guglie ad attirare la mia attenzione. Gli abitanti sembravano abituati a tanta bellezza, parevano considerarla ordinaria. Io invece stavo camminando in una fiaba, mi aspettavo che da un momento all’altro una cicogna atterrasse a un passo da me e mi parlasse.
Un libro: le cicogne di Marrakech
Stavolta non un itinerario tra vari libri ma un solo libro: Io non parto più. Le cicogne di Marrakech. Lo ha scritto Carolina Germini che stava per pubblicarlo quando l’ho conosciuta a un workshop di scrittura tenuto da Nadia Terranova.
Il racconto, con le illustrazioni di Ginevra Vacalebre, parte da Delft, in Olanda, e arriva fino a Marrakech seguendo il volo di uno stormo di cicogne che migra. È una storia che parla del potere trasformativo del viaggio ma anche della possibilità di restare, infrangere la ciclicità, scegliere dove vivere e chi essere.
Gita in Grecia: πελαργοί e λέλεκες
L’idea di questa puntata nasce da un libro che acquistai a Salonicco un paio di anni fa, incuriosita dalla copertina. Il titolo dice: Torneranno le cicogne. Pochi giorni fa ho deciso di leggerlo e mi sono tornate in mente le cicogne di Alcalà.
In greco la cicogna è πελαργός, al femminile πελαργίνα, ma si chiama anche λελέκι, un prestito dal turco ottomano leylek. Racconta Plutarco che in Tessaglia le cicogne erano trattate con rispetto perché sterminavano i serpenti e c’era addirittura una legge che infliggeva l’esilio a chiunque ne uccidesse una.
Proprio in Tessaglia è ambientato anche il libro di Maroula Kliafa e precisamente a Trikala. Sono gli anni della dittatura e parla di resistenza e speranza nei momenti più bui, in attesa che tornino le cicogne.
Ultime dal sito e dal podcast
Con Filakia abbiamo passeggiato nel quartiere di Asyrmatos e ti ho raccontato il cane ribelle più famoso di Atene. Anzi della Grecia, forse del mondo.
Su IoViaggioinPoltrona.it sono usciti:
Isolario italiano di Fabio Fiori, lo trovi sulla mappa
i Viaggi di carta, cioè le mie ultime letture raccontate brevemente
un nuovo libro greco che parla di… gatti neri
Questo tuo bel racconto con le clarisse ha fatto emergere quello molto simile che feci, insieme ad altre compagne e compagni di viaggio, quando pedalanmo lungo il Cammino di Santiago e poi anche sulla via Francigena 😌. Grazie.
Ah, bellissimo "Isolario italiano"!