#27. Andorra
Sui Pirenei con Peter Cameron, a teatro con Max Frisch, a La Vella con Davide Zambon e a Kintoa con la nuova rivista del Touring Club
In questo numero restiamo in bilico su un confine, in senso geografico e non solo. Siamo sulla frontiera tra Francia e Spagna, esploriamo Andorra e Kintoa ma entriamo anche nelle perversioni dell’animo umano con Max Frisch e Peter Cameron.
Un luogo reale: Kintoa
Non cominciamo da Andorra ma siamo comunque sui Pirenei al confine tra Francia e Spagna, però più a ovest, verso i paesi baschi, nel territorio della Navarra. Uno di quei luoghi di confine che per una dimenticanza - letteralmente - è rimasto sospeso tra due paesi. Quando fu tracciata la frontiera nel 1856 le otto famiglie che abitavano qui, di nazionalità francese, finirono dentro la Spagna. Il confine è a 50 metri.
Come molti luoghi liminari ha tanti nomi. In basco si chiama Kintoa, in francese è pays Quint, in spagnolo è noto come Quinto Real, e in occitano país Quint. Il riferimento al quinto deriva dalla tassa che il re di Navarra esigeva da chi portava al pascolo i propri animali su quelle terre. Ammontava a un quinto del valore degli animali.
Questo frammento di territorio rientra tuttora dentro i confini della Spagna ma è sotto amministrazione francese. Gli abitanti versano le tasse di proprietà alla Spagna ma luce, acqua, strade e altri servizi pubblici si pagano alla Francia.
Ho scoperto questa storia su Mappe, il nuovo magazine del Touring Club che nel primo numero parla di Confini. L’articolo di Ander Izagirre racconta questo luogo attraverso le parole di una persona che ci è nata, la nipote di un vecchio contrabbandiere dei Pirenei che poi ha sposato… un doganiere.
Un luogo immaginario: Andorra di Max Frisch
Max Frisch è abbastanza noto come narratore ma molto meno come drammaturgo. Andorra è un’opera teatrale scritta come un’allegoria. Andorra è un luogo immaginario, abitato da gente semplice. Potrebbe essere qualunque paese del mondo e al tempo stesso non è nessuno.
Il maestro di questo luogo, noto per essere un anticonformista, ha adottato un bambino ebreo nel periodo delle persecuzioni dei Neri, che vivono al confine con Andorra. L’allusione al nazismo non è neanche così velata.
Il bambino si chiama Andri e cresce insieme a Barblin, la figlia biologica del maestro. Si sente un vero andorrano ma tutti sanno qual è la sua origine e questo lo rende irrimediabilmente diverso. I sentimenti mutano rapidamente e determinano il destino di Andri che finirà lui stesso per accettare la sua diversità e farà di tutto per essere davvero diverso, aderendo a ogni stereotipo.
Non ti racconterò il colpo di scena che sovverte tutta la storia. Se vorrai, lo scoprirai da te leggendo il libro. O, se hai fortuna, vedendolo a teatro. Aggiungo solo che i personaggi sono simboli di tutte le pochezze umane - pregiudizio, ipocrisia, egoismo - preoccupati solo di passare per innocenti negando le peggiori nefandezze commesse. Sullo sfondo questa strana Andorra, simbolo anch’essa, d’altri luoghi e di tutti i luoghi.
Un luogo di Davide Zambon: quel desiderio di Andorra
Davide scrive la newsletter
e qui racconta la sua Andorra.Sono seduto su uno spuntone di roccia nera e tagliente, le gambe penzoloni sulla valle, mangio un panino e sono felice perché I’m living the dream, il dream di un bimbo che ricalcava le pagine dell’atlante con tale dedizione che alla fine si sarebbe laureato in Geografia, e che per anni avrebbe covato una domanda: cosa c'è in quel minuscolo tondo che aveva scelto di ricavarsi uno spazio spingendo i gomiti all’infuori proprio sul confine tra Francia e Spagna? Cos’è Andorra, il micro stato più grande d’Europa, la stessa indecisione di quando non sai se è un romanzo breve o un racconto lungo?
Trent’anni dopo l’atlante ricalcato, sono il bocia di bottega di un orafo autoesiliatosi tra le colline di Perpignan, e un sabato mattina guido per tre ore lungo strade départementales che attraversano bassi vigneti e poi su per una nationale che si infila tra montagne sempre più alte e scure; attraverso la dogana del Pas de la Casa e plano tra velluti di erba bruciata fino ad un fondovalle stretto, cupo: sono infine a La Vella, capitale di Andorra, e ho occhi attentissimi.
Mi registro in hotel ed esco a piedi. Ho questa immagine confusa di me che ho un’immagine confusa di una cittadina da ventimila abitanti che però mi pare grande dieci volte tanto, e che nello stesso tempo è montagna (ma del tipo sciistico), fuligginoso villaggio di minatori, severità grigio-ardesia, un pizzico di terra fiscale di nessuno.
Nei negozi sono posizionati, in modo che tu debba assolutamente circumnavigarli, un’isola o una piramide o un cubo di stecche di sigarette o di bottiglie di superalcolici - più spesso le prime. E non importa la categoria merceologica dell’esercizio: abbigliamento sportivo? Pila di sigarette. Strumenti musicali? Sigarette. Alimentari tipici? Già. È il duty free, baby: turismo e finanza sono le sole due voci a contribuire davvero al PIL di Andorra. Sottilissime fette di grafico a torta sono l’allevamento di ovini e, con ironia, la manifattura di tabacco e alcolici.
Cincischio per la città, ceno, hotel.
La mattina successiva, compro una baguette e un salame overlong. Lungo la strada che sale al passo devio sulla prima forestale che mi ispira, proseguo un po’, scendo, cammino un paio d’ore fino al punto panoramico. Mi faccio un panino e mangio.
Alla dogana c’è una colonna di belle auto targate Francia in uscita, ma la doganiera fa accostare la mia Punto con il cofano scrostato. Il fatto è che si può portare fuori dal Paese un solo oggetto duty free pro capite, il resto va dichiarato. Bagagliaio? Tra i vestiti buttati là spuntano resti di baguette, la metà lunghissima di un salame, gli scarponi, la bottiglia di Pastis duty free e il nient’altro da dichiarare.
Delusione.
E quindi cosa ci è venuto a fare, qui?
Vorrei dirle del sogno in sospeso, ma rispondo un generico turismo.
Espressione interrogativa.
Camminare in montagna?
Espressione idem, vada pure.
Proust lascia intuire che il viaggiatore che intraprende un viaggio “per vedere con i suoi occhi una città di cui ha desiderio”, probabilmente ne resterà deluso. Lo dice entro le prime quindici pagine di un lavoro da tremilasettecento, quindi lo ritiene concetto molto vero. Io però sono felice e risolto: come la mettiamo?
Due libri di Peter Cameron
Restiamo in Andorra con un libro di Peter Cameron forse tra i meno noti. L’autore di Un giorno questo dolore ti sarà utile, il suo titolo più conosciuto, ambienta qui un romanzo che racconta una fuga e il tentativo di iniziare una vita nuova, diversa, persino un po’ esotica. Ma che alla fine si rivela nient’altro che la vita di sempre, però altrove. Il titolo è semplicemente Andorra.
Il paese di questo romanzo somiglia molto a quello reale e tuttavia è un luogo immaginario come lo è sempre la letteratura, che trasfigura e piega e plasma. Il piccolo mondo della cittadina a cui approda il narratore sulle prime sembra più vasto e terso e intenso del mondo là fuori. Un luogo dove tornare a sentirsi vivo. Poi i personaggi del luogo iniziano ad agire nella vita del visitatore e novello residente, anzi a invaderla. Diventano ingombranti e predatori. Si svelano le prime crepe, si intravedono macchie, segreti, colpe. Andorra, da fuga che era, diventa gabbia: “da Andorra non se ne va nessuno” gli dicono - e suona come una profezia, ma è anche una sentenza.
Il libro è uscito nel 1997 ma in Italia è arrivato nel 2014 per Adelphi, che nel 2020 ha pubblicato nei Microgrammi anche una breve guida turistica di Andorra, scritta dallo stesso autore che fa raccontare ai personaggi del romanzo i luoghi e le attrattive del luogo nella forma di una (finta) guida.
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Grazie Sara, che belle le storie di confine
Questa puntata di confine mi è piaciuta proprio tanto, e mi hai fatto scoprire anche la rivista Mappe: come faccio a non prenderla!
Tra le tue letture ho trovato cose che conoscevo e cose che no: tra le prime, che bello "Timandra", e che intensità nell'albo "La diga" della coppia Almond-Pinfold.