Questa puntata avrebbe dovuto uscire in estate, l’avevo immaginata mentre bollivo al caldo siciliano. Anche tu quando fa caldo leggi libri ambientati al freddo? Poi però questa newsletter ha dovuto fermarsi per qualche settimana e così arriva adesso, quando persino dove vivo io non fa più così caldo da aver voglia di migrare verso latitudini più fresche. Ma oggi partiamo lo stesso per Vladivostok, con un’ospite e un po’ di libri.
Un luogo reale: la Vladivostok di Marta Brambilla
Marta Brambilla scrive Parole on the road, una delle prime newsletter a cui mi sono iscritta dopo essere migrata qui su Substack. Parla di viaggio, non solo geografico, anche se di geografia Marta ne ha attraversata parecchia, molta della quale sulla sua moto. Questo è il racconto del suo arrivo a Vladivostok. Ha parlato della città anche qui.
Vladivostok per me ha sempre avuto il sapore del mito, ancora prima di arrivarci alla fine del mio lungo viaggio in moto dalla Svizzera. Per la prima volta la sentii nominare a scuola, in seconda media, e da allora mi è rimasta in testa come un luogo avvolto dal mistero. Punto di arrivo della Transiberiana, preclusa agli stranieri fino al settembre 1991, la città ha fatto parte della Cina orientale fino al 1860, quando fu ceduta all’impero russo. Vicina al confine tra Russia, Cina e Corea del Nord, oltre che molto vicina a Giappone e Corea del Sud, è quindi anche un punto nevralgico per la geopolitica di quelle parti (e non solo).
Io ci sono arrivata in treno, alla fine del mio lungo viaggio dalla Svizzera. Non ero ancora arrivata del tutto perché dovevo ancora prendere il traghetto per sbarcare finalmente in Giappone, dopo tre mesi di viaggio. Ma arrivare qui il 14 agosto 2014 aveva già il sapore della conquista.
Ero partita il 1° giugno di quell’anno dalla Svizzera alla volta del Giappone, in moto, in solitaria e, dopo aver percorso 10mila km mi sono dovuta arrendere all’evidenza: non riuscivo più ad affrontare il viaggio con la serenità che avevo avuto fin lì. Siccome tornare indietro non è mai stata un’opzione decisi di spedire la moto e proseguire in treno. L’ultimo tratto di Transiberiana che mi ha condotto qui è durato tre giorni: tre giorni filati nello stesso treno, nella stessa carrozza, a occupare la stessa cuccetta. Un’esperienza davvero incredibile!
La scelta di proseguire in treno ha mandato all’aria i miei piani e così sono arrivata a Vladivostok con due settimane d’anticipo rispetto al programma iniziale. Questo mi ha permesso di prendermi una vacanza da tutto, dal viaggio, dalla fatica e da me stessa. Sono andata al cinema (cosa che faccio spesso all’estero, pur non capendo la lingua), ho visitato l’università insieme a due ragazze conosciute sul treno che stavano valutando se iscriversi lì, ho girato per la città scattando fotografie e ho fatto acquisti nei mercatini di quartiere. Ricordo le sue strade quasi sempre in pendenza, che a quanto mi hanno raccontato d’inverno si trasformano in una trappola mortale per via del ghiaccio che le ricopre.
Ho visto il porto dall’alto, ho fatto il bagno nel Pacifico e ho mangiato chele di granchio vendute illegalmente in spiaggia. Ho visitato un sottomarino (ovviamente!) e ho visto la statua dedicata a Yul Brynner, attore famoso che ho scoperto essere nato proprio qui.
Dopo aver trascorso nove mesi in Giappone mi sono ritrovata di nuovo qui per spedire la moto a casa e imbarcarmi in uno dei viaggi aerei più massacranti della mia vita: non esistono voli diretti da Vladivostok a Mosca e quindi ho dovuto prendere, in tutto, quattro voli per atterrare a Milano nel maggio 2015. Malgrado in questa seconda occasione mi sia fermata solo due giorni, dopo aver percorso in moto il Golden Bridge, ho conosciuto Nick un viaggiatore di lungo corso con il quale ho condiviso una cena squisita e tipicamente russa (non poteva mancare il boršč!).
In questo viaggio sono cambiate tante cose per me. Soprattutto sono cambiata io. Ma il sapore del mito di Vladivostok è rimasto intatto, anzi, si è rafforzato. E spero vivamente, un giorno, di poterci tornare.
Un luogo immaginario: il suolo bianco e smisurato
Per me che sono nata sotto un vulcano e sulla riva del mare, dove assai di rado ho visto cadere la neve, le bianche distese sono qualcosa di così esotico da perdere consistenza e diventare letteratura.
Per molti anni d’inverno me ne sono andata a Nord tra Europa Centrale e Orientale e Scandinavia per ritrovare quello di cui a lungo avevo letto e che aveva preso forma nella mia testa prima ancora che su una mappa, fuori dal finestrino di un treno, sotto le mie scarpe. Quasi tutti i miei viaggi sono partiti dai libri.
Molte persone mi dicevano folle a visitare certi posti d’inverno, quando fa buio presto e fa freddo, ma per me è sempre stato un salto nella mia immaginazione nutrita da anni di romanzi ambientati in quelle che ho sempre definito come terre bianche sotto cieli bianchi.
Il titolo di questa sezione viene da un libro che parla della stessa cosa. Si intitola Viaggiatori nel freddo, è uscito nel 2015 per Exorma, scritto dal collettivo Sparajurij che non sono neanche sicura esista ancora. Il sottotitolo: come sopravvivere all’inverno russo con la letteratura. Mi ci sono imbattuta per caso durante Una Marina di Libri, il festival del libro di Palermo. Era una giornata torrida e io ero in cerca di libri rinfrescanti.
Inizia così:
Primo Cielo - Arrivo
Pensieri strani. Come si fa a non averne viaggiando sopra un suolo bianco e smisurato. Un foglio inchiostrato dal sangue dei poeti e dai roghi della storia. Sopra orizzonti di neve e ghiaccio.
Quando il libro comincia stiamo per atterrare a Mosca, di cui esploreremo i luoghi della storia e della letteratura, gli autori, i personaggi. Ma saliremo pure a bordo di certi treni notturni che attraversano il nulla. C’è qualcosa di più letterario di un treno che corre nella notte russa?
A Vladivostok e in Transiberiana, ma in poltrona
Era la città che aveva immaginato ben prima di arrivarci che Cédric Gras sperava di vedere appena sceso a Vladivostok dalla transiberiana. Invece era diversa. Mi interessa sempre molto questa discrepanza tra ciò che ci aspettiamo e quello che troviamo viaggiando. L’autore ha raccontato ciò che ha visto nel libro Vladivostok edito da Voland che prova a esplorare l’identità di un luogo sospeso tra Europa e Asia.
Lo stesso luogo fa da sfondo al racconto di Èlisa Shua Dusapin intitolato Vladivostok Circus. Sì, c’è di mezzo un circo, ci sono degli acrobati e c’è una costumista francese che cerca di capire quale sia il suo posto - nel mondo e in quella baraonda di storie tutte raggruppate sotto un tendone.
Un viaggio lunghissimo - geograficamente - è invece quello che si dispiega attraversando le Fiabe dai Carpazi a Vladivostok, dove le storie diventano ponti tra culture e luoghi. Ti suggerisco di spulciare il catalogo di Besa Muci perché è pieno di gemme. Per qualche ragione che mi sfugge non lo sento mai nominare, ma merita.
Terminiamo il viaggio in treno, ovviamente. Sulla Transiberiana lo ha scritto Mauro Buffa, nome ben noto della letteratura di viaggio, ma val la pena scoprire anche i racconti dalla transiberiana di Eleonora Sacco, che è stata anche a Vladivostok.
Non so nemmeno bene come ci sono finita qui. Ma Vladivostok è un posto dove voglio andare da tanto. Sarà un segno? Grazie
Spero di poter fare anch'io un viaggio sulla Transiberiana un giorno. Ho sentito racconti affascinanti da chi ci è già stato e questa NL ne è un altro esempio 🥰