#9. Da Siracusa alla Colchide con Medea
Le rappresentazioni classiche al teatro greco, un quartiere antico di Ortigia, la Colchide del mito e i mille volti di Medea
Per la solita serie di circostanze a incastri che mi lascia sempre di stucco, il giorno prima di andare a Siracusa ho scoperto che anche la mia amica Rachele sarebbe arrivata da Vigevano per vedere Medea al teatro greco. Davanti a due colonne dell’Apollonion ci siamo svelate a vicenda che è la nostra tragedia preferita, insieme ad Antigone. Ho sempre l’impressione, quando parlo con lei, che sappia vedermi attraverso, che conosca di me anche cose che non le ho ancora detto. La stessa cosa mi succede con certi miti greci che mi sembra di conoscere da sempre ma mi dicono sempre cose nuove di me stessa. E con Ortigia, il posto che più mi somiglia.
Un luogo reale: la Graziella, il quartiere sopravvissuto
Provo una struggente tenerezza per ciò che sopravvive mentre tutto intorno crolla e muta. So che inevitabilmente svanirà anche l’autenticità ancora quasi intatta della Graziella, uno dei quartieri storici di Ortigia. Riconosco di essere parte del problema perché quando vengo sull’isola è quasi sempre qui che decido di alloggiare.
Su questo lato le case vacanze sono ancora pochissime, più facile che ti affittino una stanza della casa dove vive ancora la famiglia. La soluzione che scelgo per me. Di sera si portano fuori le sedie del soggiorno e si chiacchiera con le vicine nel ronco, tra i panni stesi e i vasi con le succulente. Non ci sono locali, ristoranti, botteghe. La notte c’è silenzio, senti solo i passi di chi torna a casa per i vicoli e il mare, in lontananza, che batte sui bastioni.
Era l’antico quartiere dei pescatori che si affidavano alla Madonna delle Grazie prima di prendere il mare. La chiesetta dedicata alla Raziedda (Graziella), risalente al 1664, è stata demolita nel 1864. Oggi rimane solo un’edicola votiva su una minuscola piazza che si apre all’improvviso tra vicoli e ronchi. Ammesso che si riesca a trovarla, a volte tra queste viettine si perde anche Google Maps.
Perderti è il modo migliore per esplorare la Graziella. Non sai mai cosa ti aspetta alla prossima svolta: può esserci un vicolo cieco o un’altra curva a gomito che porta a un cortile con un mosaico senza senso di casette affastellate l’una sull’altra, ognuna a un livello diverso. Spesso per entrare in casa devi chinarti, poi dentro ti accorgi che il soffitto è quello alto di un dammuso. È un luogo di contraddizioni e convivenze estreme, lo spazio è poco e va sfruttato tutto. L’ora che preferisco per venirci è quella della canicola quando sono sovrani gatti e silenzio e tutto appare immobile e arcano eppure familiare.
Un luogo immaginario: la Colchide del mito
Nell’antica Colchide, che coincide grosso modo con la Georgia occidentale, in un certo senso siamo già statə qualche newsletter fa, ma oggi approdiamo con gli Argonauti nella terra del mito per incontrare Medea che ultimamente sembra tornare nella mia vita in ogni modo: libri, mostre, foto, conversazioni casuali, tutto mi parla di lei.
Giasone e i suoi compagni non hanno mai avuto alcuna rilevanza per me, né ha mai suscitato il minimo interesse l’impresa della conquista del vello d’oro che pure dà il via dall’azione. È stata sempre Medea a catturare la mia attenzione, lei che discende da Elio ma si vota a Ecate, custode di sapienza senza paura di attingere al profondissimo pozzo dell’istinto, a una conoscenza primordiale che non apprendi ma cogli in te stessa. Medea reca in sé tanto la dea quanto la donna mortale, ciascuna forza contrapposta all’altra eppure dell’altra amplificatrice. Lei è capace dell’indicibile senza che debba darne ragione.
La tragedia di Euripide vista a teatro è ambientata a Corinto, la Colchide è solo evocata come luogo di provenienza di Medea, terra barbara per i greci, e tuttavia è il luogo da cui si dipana la trama i cui esiti si manifestano alla corte di Creonte. La stessa selvaggia magnifica terra che evoca Pasolini nella sua Medea con Maria Callas. Il film è stato girato in gran parte in Cappadocia, ma è la Colchide del mito che ancora una volta prende vita nel racconto, nelle musiche ipnotiche, nel fischio del vento, sotto un sole imperioso che fiacca corpi e spiriti, inclusi quelli di chi guarda una Medea silente quanto la sua terra, eppure potentissima.
Un itinerario tra i libri: una, nessuna, centomila Medea
Sul treno che mi portava a Siracusa per assistere alla tragedia ho riletto la mia copia sgualcita di Medea. Variazioni sul mito a cura di Maria Grazia Ciani. Oltre a Euripide, include la rilettura del mito di Seneca, Grillparzer e Alvaro. Seneca la dipinge come una maga che incarna in sé tutto il male. La Medea di Franz Grillparzer al contrario vuole disfarsi del suoi poteri e non commette il delitto. La mia preferita è però quella di Corrado Alvaro, scritta subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Mette al centro la condizione di straniera di Medea, emarginata in una comunità chiusa al diverso. Anche la Medea di Christa Wolf è una donna respinta dai corinzi xenofobi che si accaniscono sui suoi bambini. L’autrice ha scritto Medea. Voci negli anni ‘90 e la sua Medea risente delle rivendicazioni femministe e delle spinte post-coloniali.
Riporta Claudio Eliano che Euripide acconsentì a porre il focus sull’infanticidio… per soldi. I corinzi gli avrebbero chiesto di scagionarli perché nelle versioni precedenti del mito Medea non si macchiava dell’orrendo crimine a cui è associata da secoli. Erano i corinzi a trucidare i bambini, e quando era lei, lo faceva per sottrarli a un destino peggiore nelle loro mani.
Per secoli il mito si è evoluto secondo la sensibilità dell’epoca, la mano dell’artista che lo ha riletto, gli occhi degli spettatori che lo hanno guardato. Ho visto a teatro 7 Medee e nessuna è mai stata uguale all’altra, non solo per le scelte di scenografia o traduzione, ma anche per l’accento posto su questo o quell’aspetto di un personaggio complesso e frastagliato. Per approfondirlo ti segnalo Il mito di Medea. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi di Maurizio Bettini e Giuseppe Pucci che esplorano le metamorfosi di Medea attraverso il tempo.
Gita in Grecia: etimologia di Medea
Ho scoperto solo di recente che Medea è un nome proprio tuttora esistente in Georgia. Non saprei quanto diffuso (tu lo sai?) ma la notizia ha avuto su di me lo stesso effetto che in Grecia tuttora produce sentir chiamare persone comunissime con nomi come Eracle o Afrodite.
L’etimologia di Μήδεια pare sia legata al verbo μέδομαι (medomai) che significa riflettere su qualcosa ma anche essere scaltro, arguto, per estensione sapiente. Come Medea. Il sostantivo μήδεα/μῆδος significa stratagemma, astuzia. Medea è la donna che pensa ed elabora stratagemmi. Che trasforma la sua rabbia in potere. Per salvarsi dall’oblio, dalla vergogna, dalla sottomissione e dalla rapina di se stessa a opera di altri. Se è la distruzione ad attenderla, allora sarà per sua mano.
Ultime dal sito e dal podcast
Ci sono tre novità su IoViaggioInPoltrona.it. Sulla mappa è comparso Cento volte sabato di Michael Frank che racconta la Rodi scomparsa attraverso la storia di Stella Levi che gliel’ha raccontata per 100 sabati. Sul Diario ci sono altri 5 podcast che consiglio e le mie ultime letture. Con il podcast Filakia ti ho raccontato la libreria dei senzatetto e ti ho portato al cimitero di Atene per scoprire la storia di una fanciulla che dormirà per sempre e del suo creatore.
Che bello questo itinerario!